Nell’accoglienza c’è bellezza

27 Nov Nell’accoglienza c’è bellezza

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«Fiorire e dar frutti in qualunque terreno si sia piantati – non potrebbe essere questa l’idea? E non dobbiamo forse collaborare alla sua realizzazione?»

Etty Hillesum (Diario 1941-1943, edizione integrale Adelphi 2012, p.783)

 

 

 

 

Nell’accoglienza c’è bellezza.

La bellezza dell’incontro tra uomini, l’avventura dell’attraversamento di culture altre, tempi e spazi diversi, l’apprendimento di inedite parole e il loro riconoscimento, la nostra capacità di immaginare senza dare per scontato perché “l’uomo come persona è più delle sue prestazioni, della sua povertà, più del suo autoapprezzamento, più del suo successo negli affari e qualcosa di diverso dal suo fallimento”[1].

E’ vero non è facile accogliere e non è facile lasciarsi accogliere. Più facile è chiudere, porte, finestre. Dotarsi di allarmi dentro e fuori. Mettere in campo tutti i dispositivi di sicurezza necessari per creare spazi di difesa, utile strategia per mantenere individualismi.

Accogliere ha un’etimologia un po’ complessa (almeno per me: a+cum+legere) che indica il tenere assieme, accorciare le distanze con uno strumento, con qualcosa che crea legame. Solo con un ascolto mite si umanizzano economia, relazioni, territori, tensioni e conflitti.  Se non abbiamo orecchio non abbiamo lo strumento principale per ridurre distanze e creare legame e per trasformare le nostre pratiche di presenza e accoglienza tra la gente e nei territori. Ovunque noi ci troviamo, oggi dobbiamo cambiare logica, ma proprio tutti e tutte; non possiamo più continuare come prima. Non solo nei luoghi della politica ufficiale; non solo in quelli della finanza, dei multinazionali mercati; non solo nei vertici istituzionali delle religioni o di qualunque struttura sociale; tutti dobbiamo cambiare logica, proprio tutti.

Perché il viaggio più lungo è quello che conduce alla casa di fronte diceva Don Tonino Bello.

Così in Via Milano nell’ex-asilo a fine maggio, 54 ragazzi ci hanno accolto.

Hanno lasciato che noi operatori del Centro sociale Papa Giovanni XXIII Cooperativa sociale fossimo partecipi delle loro storie a partire dai loro volti. Abbiamo vissuto letteralmente con la porta aperta in questi mesi, sulla strada, nel parchetto, nel quartiere, senza eccedere. Molte persone del quartiere si sono avvicinate con spontaneità e disponibilità, come i ragazzi della Parrocchia, la Caritas, gli Scout e il Parroco.

I ragazzi di Via Milano ci hanno permesso ancora una volta, nella nostra storia di Cooperativa che accoglie da più di 40 anni, di affermare che la differenza è portatrice di nuova immaginazione, di sapienza, di possibilità di relazioni nuove, diverse, passando anche per il ritmo della fatica, dell’imprecisione, dell’errore e l’alterità non è mai solo soggetto di bisogno e necessità. E allora mi sono chiesta perché spesso è così difficile pensare che ogni volta che avviciniamo qualcuno ci avviciniamo a chi come noi ci racconta la sua creatività oltre i suoi sogni, la sua dignità, la sua passione profonda per ricreare qualcosa?

Non è solo la cura dei bisogni primari che sono diritti indiscutibili, gesti primari di ogni relazione umana e anche cosmica. Ma oggi, per vivere ancora, dobbiamo anche prenderci cura dei sapienti segreti degli altri e altre, delle loro infinite capacità, della loro infinita immaginazione.

Attualmente le persone presenti in Via Milano sono 37 (arrivano da Nigeria, Senegal, Mali, Egitto, Somalia, Costa D’Avorio) abbiamo spostato ogni mese gruppetti di persone pronte a sperimentarsi in appartamenti su tutta la provincia e così avverrà per tutti.  La vita di tutti i giorni nell’asilo è scandita dal fare quotidiano di ogni casa: le pulizie, i momenti a tavola insieme o per gruppi, la frequenza alla scuola CPIA di Modena e quella interna organizzata dal centro tutti i giorni, il confronto animato, la gestione delle fatiche e del dolore del viaggio, lo studio dell’italiano, giocare a calcio, confrontarsi con gli amici, gli scambi con gli operatori, i gruppi educativi, i colloqui con lo psicologo, i momenti formativi sul lavoro e la legislazione italiana, prendere la bicicletta per spostarsi, sentire il più possibile i propri cari lontani e soprattutto portare avanti la complessa e lunga pratica burocratica per la richiesta d’asilo.

Alessia Pesci

Referente operativa Progetto MIgrantiMO

Centro Sociale Papa Giovanni XXIII Cooperativa Sociale

a.pesci@libera-mente.org

Sede operativa del Progetto V.le Trento Trieste 5, 41058 Vignola (MO)

Sede legale Via Madre Teresa di Calcutta 1/E, 42124 Reggio Emilia

 

 

[1] J.Moltmann, “Etica della speranza”, BTC, 2011, pg. 191