Matteo Iori annuncia: «Dopo vent’anni lascio la presidenza della Papa Giovanni XXIII Onlus»

22 Mar Matteo Iori annuncia: «Dopo vent’anni lascio la presidenza della Papa Giovanni XXIII Onlus»

Reggio Emilia, cambio al vertice della storica cooperativa sociale: «Sono stati anni intensi, è il momento di fare largo a volti nuovi»

 

Evaristo Sparvieri

20 MARZO 2019

REGGIO EMILIA. «Sono presidente dal 1999 e nonostante non sia semplice per me e per i miei vissuti, rimarrò coerente con gli impegni presi». Il dado è tratto. E la decisione è presa. Matteo Iori, volto storico del Centro Sociale Papa Giovanni XXIII Onlus, ha infatti deciso di lasciare al presidenza della storica cooperativa sociale, nata nel 1977 e da sempre in prima linea sulle problematiche legate alle dipendenze patologiche e alle varie forme di disagio sociale.

 

Iori, come mai questa decisione?

 

«Nel 2015 partecipai a un incontro a Spello nel quale la formatrice sottolineava le difficoltà della cooperazione nel creare ricambio generazionale e diceva che le poche organizzazioni illuminate erano quelle in cui chi le presiedeva da tempo riusciva a farsi da parte e dare davvero spazio a persone nuove e più giovani. In quel momento cominciai a maturare l’idea che divenne ufficiale nel 2017 quando, durante il 40esimo anniversario della Papa Giovanni, dissi che era il mio ultimo mandato e che dopo 20 anni di presidenza mi sarei dimesso. E così sarà».

 

Un bilancio di questi 20 anni?

 

«Riassumere un lavoro di 20 anni è davvero difficile, ma di certo sono stati anni intensi e pieni di grandi risultati; non solo per la crescita della cooperativa, che da una ventina di persone assunte è diventata una realtà con circa 190 dipendenti, ma soprattutto per aver contribuito a costruire una realtà attenta alle tematiche sociali, con un ventaglio di progetti che spaziano dai tossicodipendenti ai pazienti psichiatrici, da persone con disabilità ai migranti, dai senza fissa dimora ai giocatori d’azzardo, dal lavoro con gli adolescenti all’accoglienza protetta di donne sole o con figli, ad altro ancora».

 

C’è qualcosa di cui va fiero e qualcos’altro, invece, di cui si pente?

 

«Vado fiero dei progetti che siamo riusciti a costruire in modo innovativo anche quando eravamo i soli a capirne l’importanza: come è accaduto per gli interventi sull’azzardo, per i quali siamo diventati riferimento nazionale, ma anche con altri progetti minori. Vado fiero per essere riuscito, in alcune occasioni, a fare la differenza: stimolando la politica nel fare scelte che si sono poi rivelate determinanti per tante persone.

Vado fiero del fatto che la Papa Giovanni non si sia mai accontentata di gestire progetti ma abbia sempre cercato di essere un ente che cerca di influire nelle scelte politiche locali e nazionali per migliorare la società. Vado fiero dei colleghi e del clima che siamo riusciti a costruire alla Papa Giovanni, di grande collaborazione e di grande fiducia con tutti i colleghi, di vicinanza e rispetto reciproco, in cui la cooperativa non è mai stata vissuta dai dipendenti come una “controparte” ma piuttosto come una realtà accogliente e rispettosa dei bisogni di tutti.

 

Il fatto che con così tanti dipendenti nessuno abbia mai sentito la necessità di chiedere una rappresentanza sindacale per il rispetto dei propri diritti, credo che dimostri un’attenzione alle persone di cui poter essere fieri. Mi pento invece di non essere riuscito sempre a cogliere tutte le opportunità che mi venivano date per cambiare le cose. In questi anni ho avuto, e ho ancora, ruoli importanti di rappresentanza a livello locale e nazionale e di conseguenza anche parecchio potere e parecchie opportunità; non sempre sono riuscito a utilizzarle in tutta la loro potenzialità per cambiare le cose, o per limiti miei, o per stanchezza, o per avere rinunciato troppo presto o per non avere neppure visto alcune opportunità. Come ho spiegato una volta a mio figlio, usando la frase di Stan Lee, “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” e quindi più hai potere di cambiare le cose, più è tua responsabilità se non sei in grado di farlo».

 

Chi sarà il successore?

 

«Oggi non so chi sarà il successore perché sarà scelto dall’Assemblea dei 115 soci della Papa Giovanni che si terrà a metà aprile».

 

Che situazione lascia al suo successore?

 

«Lascio una situazione molto positiva sotto vari aspetti: ci sono tanti bravissimi colleghi che quotidianamente si impegnano nei progetti di accoglienza, da un punto di vista economico abbiamo un fatturato di circa 8,5 milioni e piccoli o grandi utili di bilancio negli anni che permettono di investire per la costruzione di nuovi progetti sociali. Abbiamo ottimi riscontri rispetto alle persone accolte e alla valutazione dei servizi invianti. Però lascio anche le criticità che non mancano mai nella gestione di una cooperativa sociale: criticità date dalle persone accolte, da problemi del personale da risolvere e dal contesto nel quale lavori. Su questo tema sicuramente nel 2019 ci saranno da affrontare le criticità legate al bando migranti e a ciò che prevede il “decreto sicurezza” e comunque vada ci saranno situazioni molto complesse da gestire.

 

Pensa che l’inchiesta che vede coinvolto don Artoni stia danneggiando l’immagine della Papa Giovanni?

 

«Di certo questa inchiesta non ha aiutato la Papa Giovanni, tutt’altro… Però, partendo dal presupposto che sono convinto che tutto si chiarirà e che si capirà che il Don non voleva minacciare nessuno, penso anche che non ci si debba preoccupare troppo di quello che singole persone possono fare, perché la Papa Giovanni è qualcosa che va al di là delle persone che la rappresentano oggi o in passato. Don Ercole ha iniziato ad accogliere nel 1977 ed è stato presidente dal 1986 al 1999, per 13 anni; poi sono stato eletto presidente io e rinnovato per 20 anni; dopo di me ci sarà un altro presidente. Ma ciò che è importante capire è che la Papa Giovanni è qualcosa di molto più ampio di chi la rappresenta. Ognuno di noi può commettere degli errori ed essere messo in discussione, ma questo non dovrà mai farci mettere in dubbio tutti i risultati che la Papa Giovanni ha conseguito o farci dimenticare tutte le persone che abbiamo aiutato».

 

Cosa farà dopo le dimissioni?

 

«Di certo non mi annoierò, oltre a essere presidente della Papa Giovanni sono presidente di altre realtà: sono presidente del ConaGGa, coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo, presidente del Cea, coordinamento regionale di tutte le comunità terapeutiche per tossicodipendenti, referente nazionale per il tema delle dipendenze e delle vulnerabilità del Cnca, che è il più grande coordinamento italiano di strutture di accoglienza e ho anche qualche altra “giacca”, quindi non temo di annoiarmi. Anche se, visto che tutti questi impegni sono svolti in modo totalmente gratuito, il mio unico vero lavoro è come dirigente del settore organizzazione e sviluppo della Papa Giovanni, cosa che forse continuerò a fare se il nuovo presidente lo vorrà».

 

Si vocifera di una possibile candidatura, dopo l’esperienza di 0522 Reggio chiama Matteo. È così? Pensa che, visto il panorama politico attuale, sia necessario un impegno politico?

 

«Il panorama politico nazionale e le sue ricadute sul livello locale mi preoccupano molto. Già nel 2014 mi ero reso disponibile a guidare una coalizione civica di centro sinistra; quest’anno non ho intenzione di costruire una lista analoga ma non nascondo il fatto che se qualcuno, nell’alveo del centro sinistra, riterrà utile una mia candidatura in qualche lista, lo prenderò fortemente in considerazione».

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